Il restauro: restituire il nuovo o ripristinare il vecchio?

E' il dilemma che, di secolo in secolo, segna il modo di approcciarsi ad un'opera soggetta a restauro: meglio restituire un'immagine ottimale, pulita, integra (anche a costo di snaturare e di annullare il passaggio del tempo), oppure meglio non mascherare gli interventi di ripristino ed essere prudenti con le tracce che ogni invecchiamento naturale produce? Le scuole e le metodologie di intervento sono state (e saranno ancora) innumerevoli, e con esse si intrecciano le esigenze dei vari committenti che spesso spingono verso restauri piuttosto estetizzanti, anche a costo di snaturare la leggibilità storica degli originali.

Quindi, da un lato c'è la legittima esigenza di ridare rinnovato splendore ad un capolavoro che il tempo e il degrado hanno penalizzato, dall'altro la necessità di favorire la riconoscibilità dell'opera così come essa era stata realizzata.

Nel mio percorso professionale non mancano interventi su vecchie opere di pittura murale (tempere a secco, ma anche affreschi) e spesso mi si chiede di non rispettare la "filologia" dell'originale se ciò si identifica con un restauro meno estetico, cercando di privilegiare la piacevolezza dell'opera reintegrata. C'è da dire, inoltre, che la cultura del restauro filologico è fondamentalmente appannaggio delle realtà culturalmente più avanzate, quali le città d'arte, le città rinascimentali, e in linea di massima i comuni che dispongono di un cospicuo patrimonio artistico da valorizzare (Firenze in primis). Al contrario, quando le opere da restaurare sono "minori", o lontane dagli osservatori ufficiali, o confinate nella sfera della proprietà privata e del "non notificato", al restauratore si chiede soprattutto di appagare... l'occhio dello sponsor, ovvero del committente. Per fortuna nel mio lavoro il restauro è un momento sporadico e marginale! 

 

 

La mia filosofia del restauro

 

Ho sempre considerato gli interventi di restauro su una parete, su un dipinto o su un mobile come una "traccia di bellezza aggiunta" e non una menomazione, nè tantomeno una penalizzazione estetica dell'opera. Esattamente come se l'azione del restauro, anche nella sua più esplicita e manifesta espressione, attribuisse all'originale una sacralità in più, un riconoscimento di solennità storica: un po' come la figura di un anziano che ostenta le sue rughe, la sua barba bianca, la lentezza dei gesti; o anche i segni, per quanto sofferenti, di chi ha combattuto una guerra, o ha affrontato un grave incidente. Ogni lacerazione, ogni lesione, ogni macchia e ogni distacco di colore è, secondo la mia opinione, una storia in più che l'opera racconta; magari una storia di dolore e di disastri, di incuria e di crimini arrecati dall'uomo e dal tempo, ma pur sempre una storia, che chiede aiuto, attenzione e amore, come un ferito al proprio medico. Quel medico è il restauratore, chiamato non a cancellare il danno (non potrebbe in nessun caso riuscirci), ma a garantire che il malato possa sopravvivere al danno, magari più forte di prima.

Quindi, il restauro è un atto di amorevole riconoscimento dell'esistenza dell'opera e tutte le fasi che accompagnano l'azione terapeutica sottolineano l'importanza di tale esistenza: secoli trascorsi, devastazioni, crolli, intemperie, avvenimenti cruenti, l'alternanza delle stagioni,... Perchè annullare per aride esigenze di pulizia e di estetismo una così grande storia?

 

Allora: come coniugare la comunque legittima esigenza di integrità pittorica con la riconoscibilità delle tracce di storia? Come mettere insieme il desiderio di una visione piacevole e unitaria di un affresco e l'evidenza incancellabile del tempo trascorso? La buona scuola del restauro ha già dato una risposta a questi interrogativi e io, con piacere e umiltà, aderisco di buon grado: il restauro ben calibrato deve essere in grado di fornire al contempo sia la visione integra e coerente dell'opera, sia la tracciabilità e la distinguibilità degli interventi di restauro rispetto agli originali. In pratica, riuscire a offrire una piacevole ed estetica visione per il pubblico (cioè l'immagine equivalente a come l'opera doveva apparire nei suoi primi anni di vita) e una corretta e mai fallace visione per gli studiosi, i quali non dovranno mai essere ingannati sull'attribuzione di ogni tassello dell'opera. Restauro, quindi, come operazione di trasparenza, di onestà e di coerenza storica (non è un caso che nell'albo dei restauratori non compaia nessun uomo politico!).

I restauri a Villa Morando di Lograto (Brescia)

Un'esperienza di restauro di circa 15 anni fa, coordinata con l'Istituto di Restauri Generali "Il Cenacolo", diretto dall'Ing. Maurizio Pouchain, con la sovrintendenza dell'Ing. Nicola Berlucchi (uno dei responsabili tecnici della ricostruzione della Fenice di Venezia). La mia squadra di lavoro, tra le più affiatate che mi sia capitate di dirigere, era composta da tre restauratori e quattro decoratori. Ricordo con particolare apprezzamento il lavoro svolto da Cento Rossi, ottimo pittore-decoratore bresciano, profondo conoscitore delle tecniche pittoriche tradizionali e abilissimo nella ricostruzione e nel rifacimento di particolari decorativi mancanti. Si trattava di una impegnativa opera di ripristino pittorico di Palazzo Morando, sede degli uffici del Comune di Lograto (provincia di Brescia): grandi pareti e soffitti decorati a tempera a secco, oltre a qualche affresco quattrocentesco in totale stato di degrado. Partendo da un fondamentale studio diagnostico messoci a disposizione dall'Ing. Berlucchi su tutte le sale interessate, abbiamo svolto in tempi rapidi un'azione risanante di mantenimento e di ripristino estetico che ha ridato una nuova identità a questo bellissimo esempio di arte settecentesca, unica testimonianza di valore storico e artistico in questo comune della provincia bresciana.

Un pannello decorativo in condizioni di degrado determinato da umidità, indebolimento progressivo e perdita totale del colore originale, infiorescenze, salmastro. La presenza nella sala di altri pannelli equivalenti e in buono stato di conservazione ha facilitato la ricostruzione delle zone perdute. Ovviamente, si è passati al restauro integrativo ed estetico dopo una accurata azione di risanamento dagli agenti degenerativi. 

 


TESTO IN COSTRUZIONE

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Il pittore-restauratore Cento Rossi, profondo conoscitore delle tecniche pittoriche tradizionali e abilissimo nella ricostruzione in stile neoclassico.


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Giulio Clementi

Oratorio della SS. Annunziata, Via della Villa Cedri, 6/A - 50012 – Bagno a Ripoli (Firenze)

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